di don Marco Sanavio
Il ventiduesimo convegno Ecic, il percorso ecumenico tracciato dalle Chiese cristiane interessate alla pastorale digitale, si è aperto quest’anno a Varsavia con l’intervento del professor Jerzy Sojka, docente di all’Accademia teologica cristiana di Varsavia, legata alla Chiesa Evangelica in Polonia.
Sojka ha raccontato come un gruppo di persone appartenenti alla federazione luterana mondiale (Lwf) si sia impegnato già dal 2014 a digiunare per il clima.
Digiunare è una pratica cristiana ma digiunare perché governanti e semplici cittadini mettano in pratica azioni per contrastare il cambiamento climatico è una novità che, sia in presenze che negli ambienti digitali ha avuto un forte riscontro.
La sensibilità ecologica è forte nelle chiese della Riforma ma ha coinvolto anche i cattolici quando, ad esempio, nel 2015 in vista del vista della Conferenza sul clima (Cop21) che ha avuto luogo a Parigi nel 2015 laici e associazioni religiose hanno proposto un digiuno sul clima. In quell’occasione il vescovo di Troyes, Marc Stenger, aveva dichiarato: «Lottare contro il cambiamento climatico per lasciare una terra sana alle future generazioni costituisce una priorità da difendere e un dovere di giustizia per i cristiani, poiché in gioco c’è la vita dell’intero pianeta».
L’impegno concreto di queste persone e la loro credibilità, visto che il digiuno si era visibilmente esteso nell’ambiente digitale, ha suscitato attorno a loro un notevole buzz in Rete seguito da centinaia di reazioni di persone che si sono unite alla causa. Quando si è autentici e si propongono percorsi alte sfide di impegno civile è possibile dar forma a comunità di valori anche attraverso la Rete.
Sojka, poi, ha esplicitato la tua tesi secondo la quale gli sforzi dell’uomo non devono essere tesi a obiettivi religiosi ma a migliorare la qualità della vita propria e della comunità. La religione diventa una forza importante per affrontare queste sfide, ma non è il fine dell’impegno umano. Il focus che aggancia società civile e religione, anche nel cyberspazio, è la responsabilità verso gli stessi valori e gli stessi doveri.
Sojka ha concluso, infine, consegnando ai webmaster provenienti da tutta Europa queste tre questioni aperte:
Quali rischi e possibilità si aprono oggi per le nostre Chiese nell’entrare nella realtà virtuale?
Quali pratiche di realtà virtuale possono essere utilizzate dalle Chiese cristiane per dar forma alla società?
Quali idee teologiche, mutuate dai percorsi di realtà virtuale, sono rilevanti per trasformare la sfera pubblica?
Un confronto aperto anche a quanti seguono il blog e la pagina Facebook di WeCa: ve la sentite di abbozzare qualche risposta?