Ritengono di utilizzarli nei loro futuri impegni ecclesiali ma si esprimono poco e chiedono una maggiore formazione all’ambiente digitale
Se al suo ingresso in Seminario, un seminarista su dieci (9,1%) non era iscritto ad alcun social media, oggi il 99% dei seminaristi ha un profilo social. Per l’88% dei candidati al sacerdozio, “possono essere strumenti utili alla pastorale” e “pensano di utilizzarli nei loro futuri impegni ecclesiali”. WhatsApp (96,2), Facebook (74,2%), Instagram (70,8%), Youtube (67,5%) e TikTok (15,3%) sono le piattaforme più abitate online dai seminaristi in Italia.
Sono alcuni dei risultati della ricerca triennale di dottorato contenuti nel libro “La comunicazione della Chiesa che verrà. Indagine su seminaristi e social media” (2025, Tau editrice) di Fabio Bolzetta, giornalista e presidente dell’Associazione dei WebCattolici Italiani (WeCa).
L’indagine – la prima dedicata esclusivamente a seminaristi in Italia e social media – è stata promossa da WeCa con la supervisione scientifica dell’Università Pontificia Salesiana e in collaborazione con l’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni – il cui direttore e sottosegretario CEI don Michele Gianola ha firmato la prefazione – e l’Ufficio nazionale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana.
La costruzione del quadro teorico ha posto le basi per la formulazione delle domande della ricerca, che è stata condotta, dopo uno studio esplorativo, un pre-test e interviste qualitative, attraverso la somministrazione di un questionario anonimo, compilato grazie alla disponibilità dei seminaristi e dei rettori dei Seminari maggiori d’Italia.
Nella maggioranza delle risposte del campione viene ribadita la priorità e l’importanza delle relazioni in presenza. Dal punto di vista quantitativo, quasi un seminarista su tre (28,7%), nel suo profilo più seguito, registra sino a 400 follower; il 16,7%, invece, può contare su una rete di oltre mille persone online.
Ma la loro presenza sul web è inversamente proporzionale alla disponibilità di esprimersi pubblicamente sui social: il 26,8% dichiara di non pubblicare mai contenuti sui social. Il 31,1% pubblica un post o una storia soltanto una o due volte al mese.
Una presenza incerta, che condivide contenuti altrui piuttosto che quelli autoprodotti e dove la pubblicazione di selfie è superiore a quella dei video. Ecco perché il 64,4% dei futuri presbiteri avverte la necessità di una specifica formazione all’ambiente e agli strumenti del digitale chiedendo che la formazione ai social media sia inserita nella proposta formativa dei Seminari.
Interessanti anche i risultati emersi in merito agli interessi, alle figure sacerdotali di riferimento e alle professioni precedenti alla vocazione con un caleidoscopio di esperienze: dal settore della ristorazione a quello dell’insegnamento da quello operaio e delle professioni stagionali sino, pur in misura minore, anche a esperienze di meccanico, avvocato, vivaista e infermiere.
Secondo i dati statistici più recenti, sono 1.698 seminaristi diocesani che studiano nei Seminari maggiori del nostro Paese con una età media di 28 anni. Il libro “La Comunicazione della Chiesa. Indagine su seminaristi e i social media” è stato presentato oggi alla libreria Paoline International di Roma.