Alla messa per gli influencer celebrata, all’interno della Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona all’Università Cattolica Portoghese, abbiamo incontrato padre Antonio Spadaro SJ, direttore de “La Civiltà Cattolica”. A lui abbiamo chiesto perché è importante che la Chiesa abbia scelto di guardare al mondo dei creatori di contenuti sui social media, così centrale nella produzione della cultura comune. «Semplicemente non c’è “questo mondo” – ha spiegato padre Spadaro – “questo mondo” fa parte di un mondo complesso che è la nostra vita effettiva, reale, fatta di dimensione fisica e dimensione digitale, dove il digitale entra a far parte ordinaria del nostro modo di pensare, sentire, comunicare con gli altri. Quindi è importante riflettere, concentrarsi sul valore del digitale perché parte della nostra vita».
C’è bisogno di influencer cattolici o di cattolici che facciano gli influencer? «A me non piace la parola influencer – ammette padre Spadaro – amo la parola testimoni, “testimonial” se vogliamo dirla in inglese, cioè essere testimoni di un messaggio incarnandolo in tutte le dimensioni, sia quella fisica che quella digitale. Ognuno è sé stesso e riesce a comunicare i valori in cui crede nella maniera più semplice e spontanea possibile».
La crescita, nel numero e nell’importanza della funzione, dei “creatori digitali” richiama la Chiesa anche a porre attenzione a nuovi linguaggi e modalità di comunicazione: «Oggi la dimensione artistica fa parte di tutte le vite – osserva il direttore de “La Civiltà Cattolica” – Chiunque abbia un account Instagram, per esempio, prima di postare una foto, in genere fa un po’ di post-produzione, quindi comincia ad elaborare le immagini, ad avere uno sguardo particolare… Quindi la Chiesa dovrebbe approfittare di questa nuova capacità estetica delle persone, che è capace di esprimere simbolicamente un messaggio. Quindi penso sia un’occasione per la Chiesa di dare corpo, speranza, voce a questa capacità artistica».
Quale tweet farebbe Gesù oggi? «Non lo so, bisognerebbe chiederlo a lui. Penso che ogni versetto del Vangelo potrebbe essere un tweet adatto».
Che risposta attendono le persone “distanti” da una presenza, anche nei media digitale dei cattolici? «I cattolici non sono mai stati distanti dalla comunicazione sociale, perché la Chiesa è comunicazione, è missione, è comunicare il Vangelo. Quindi le persone “distanti”, se sono “distanti”, lo sono perché non sono state raggiunte da questo messaggio».
Andrea Canton