Socrate, uno dei più grandi sapienti della storia, basò la sua saggezza sul fatto di “sapere di non sapere”. 2400 anni dopo, attraverso uno studio, David Dunning e Justin Kruger, psicologi sociali della Cornell University di New York, dimostrarono come le persone più competenti in un determinato settore – dalla conoscenza di una lingua straniera fino al campo della medicina – sottovalutino le loro conoscenze, mentre al contrario i principianti e i completi ignoranti tendano a ritenersi più esperti di quanto non lo siano in realtà.
Più sappiamo e più sappiamo di non sapere. L’effetto DunningKruger è fondamentale per spiegare il funzionamento dell’ecosistema informativo nato grazie al web. Il poter accedere, in ogni momento, dal proprio telefonino alla più grande biblioteca della storia dell’umanità ci ha fatto troppo spesso credere di poter accedere a una veloce conoscenza della realtà stessa, senza i classici intermediari, quei “gatekeeper” esperti, custodi dei saperi. È grazie a questa ignoranza – mista al delirio di onniscienza che molti provano facendo scorrere le loro dita sul touchscreen di uno smartphone – che rende così potenti e pericolose le fake news. Riconoscere la nostra ignoranza è il primo passo.
Riconoscere i “gatekeeper”, gli esperti, i veri competenti dai capipopolo che usano i trucchi cognitivi delle fake news a loro vantaggio, è il passo più importante.
È infatti l’intermediazione, la relazione – anche personale – con il medico, l’avvocato, il prete del paese, l’insegnante che spegne in noi ogni delirio di onniscienza e ci fa capire come anche l’apprendimento sia sempre un percorso graduale e mai assoluto. Il discernimento e il giudizio critico è una skill che può – e deve – essere allenata negli anni attraverso letture diverse delle stesse notizie, il confronto con esperti e “debunker” di bufale, l’accettazione dei nostri limiti.
Si può partire leggendo “Il paradosso dell’ignoranza da Socrate a Google” di Antonio Sgobba. Per gli aspetti più politici non può mancare “Come Internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale” di Mauro Barberis.
Andrea Canton
Foto di Produtora Midtrack da Pexels