In queste settimane l’emergenza Coronavirus ha impedito la celebrazione pubblica, con il popolo, delle messe in tutte le chiese italiane.
Una risposta forte da parte delle diocesi e persino delle singole parrocchie è stata quella di mettere a disposizione dei fedeli le dirette delle celebrazioni in streaming.
Come WeCa, Associazione WebCattolici Italiani, ci già occupati dell’argomento in più tutorial. In questa pagina alcuni consigli “pratici” per le dirette in streaming e più di una riflessione nel tutorial del 25 marzo con don Giovanni Benvenuto e don Valentino Porcile dell’arcidiocesi di Genova.
Sette consigli per le dirette streaming
1 – Può bastare un cellulare o conviene strutturarsi?
Ci sono fondamentalmente due modi per fare una diretta sui social. La prima è la più semplice. Prendete un cellulare, scaricate l’app del social nel quale volete fare la diretta (Facebook, Instagram o Twitter, anche se la più utilizzata resta Facebook), scrivete una brevissima introduzione, puntate verso il soggetto e premete l’avvio per andare in diretta. Se volete andare in diretta con una pagina Facebook (la pagina di una parrocchia o di un’associazione), scaricate l’utilissima app ufficiale “Gestore delle Pagine”.
Questa è l’opzione più immediata. C’è anche un’altra opzione, più complicata e più a misura di “professionisti” e smanettoni, con più camere, più microfoni e una regia in diretta proprio come in TV. Come si fa? Per Facebook bisogna andare da pc, premere “In diretta” e poi “Connetti”. Ci sarà una chiave cifrata e questa andrà utilizzata con un programma apposito – come OBS – dal computer al quale collegherete telecamere e microfoni. Complicato, vero? Non preoccupatevi.
Per l’attività normale di una parrocchia basta e avanza un semplice smartphone. Se però saliamo di livello – pensiamo alla celebrazione per l’ingresso di un nuovo vescovo in Cattedrale – forse conviene pensare al metodo più complicato ma “professionale”.
2 – Attrezzati: bastano pochi euro per risultati stupefacenti
Anche se non scegliamo la regia più complicata possiamo ottenere ottimi risultati. Se non abbiamo una mano ferma, perché non comprare un semplice treppiedino per smartphone, da posare magari sul tavolo dove parla il relatore o in un punto dove si abbia una buona inquadratura dell’altare per la messa? Questi treppiedi costano pochissimo e si trovano dappertutto.
Controlliamo poi le luci – mai andare in controluce – e che l’inquadratura sia quella giusta. E possiamo andare in diretta senza timori.
Dallo schermo del cellulare possiamo vedere i commenti che arrivano in diretta e rispondere anche in forma scritta. Al termine della diretta il video sarà messo a disposizione anche per la visione in differita.
3 – Attenzione all’audio: è importante che si senta bene
C’è un’altra possibilità: di solito i microfoni interni degli smartphone più recenti hanno elevate perfomance. Se vogliamo però ridurre il rumore di fondo possiamo collegare al telefono – o al tablet – un qualsiasi microfonino con jack da “tre e mezzo” da computer. Se poi stiamo riprendendo un incontro in una sala dotata di microfoni, possiamo far uscire la linea audio con un cavetto e collegarci direttamente così. Il risultato sarà perfetto.
4 – Pensa a chi non può venire da te
C’è chi non partecipa alle attività parrocchiali perché non ha voglia o non ha tempo. Trovarsi un evento parrocchiale in diretta su Facebook può dar loro la voglia di vedere che succede: un piccolo seme, che potrà in futuro germogliare. Non dimentichiamoci però anche dei tantissimi che sono al centro dell’affetto e delle preghiere delle nostre parrocchie: gli anziani, i malati. Basta poco, un giovane con un cellulare in mano che riprenda un rosario o una celebrazione per far stare meglio, almeno per un po’, chi è ammalato.
Diamo questa possibilità: programmiamo in anticipo queste dirette, annunciandole per tempo e spargiamo la voce specie tra chi sappiamo saprà apprezzarle di più.
5 – Attento alla privacy
Stiamoci attenti: è vero che al termine di una diretta si può sempre scegliere di cancellare il video… Ma una diretta è, per definizione, una diretta. E ciò che è andato in onda potrà essere visto da tutti, almeno la prima volta. Dunque, assicuriamoci che chi riprenderemo sia a conoscenza del fatto che stiamo facendo una diretta e che ci dia l’autorizzazione a farlo. A maggior ragione, è giusto che lo sappia il relatore di un incontro o il celebrante di una messa. Non c’è cosa più antipatica – e scorretta dal punto di vista della legge – di filmare chi non sa di esserlo.
Attenzione: Youtube ci offre la possibilità di fare dirette solo per pubblici ristretti e controllati… Ma questa è un’altra storia.
6 – Social diversi per “dirette diverse”
Abbiamo visto che si può andare in diretta in tanti social diversi. Ma come scegliere?
Facebook è più adatto per un pubblico più largo, specie se abbiamo pagine e profili ben seguiti. Instagram è in continua crescita, specie tra i giovani, ma non ha ancora raggiunto gli stessi numeri di Facebook. Se però l’incontro è per i giovani, Instagram potrebbe essere la soluzione migliore. Youtube, infine, è meno “forte” per le dirette, ma decisamente il più adatto per essere cercati in un secondo momento.
7 – La diretta “premia”
Un video su Facebook andato in diretta sarà visto, anche dopo la messa in onda, da molte più persone rispetto allo stesso video caricato “offline”. Questo non solo perché Facebook – e gli altri social – danno un punteggio “maggiore” a questi contenuti, ma anche perché l’utente li preferisce. È importante sempre tenerlo a mente, con serenità, ma avendo a conoscenza tutte le opzioni.
Coronavirus. Messe in streaming: istruzioni per l’uso. L’esperienza di Genova
Il tutorial di mercoledì 25 marzo: “Messe on line: istruzioni per l’uso (da Genova)”. In collegamento due sacerdoti dell’arcidiocesi ligure: don Giovanni Benvenuto, blogger e Youtuber, nonché fondatore del portale Qumran e don Valentino Porcile, parroco della Ss. Annunziata alla Sturla.
Sollecitati dalle domande di Fabio Bolzetta, presidente di WeCa in collegamento da Roma, i sacerdoti hanno individuato alcune “linee guida” per la celebrazione dell’Eucarestia in diretta streaming, servizio “necessario” in queste settimane in cui non è consentita la celebrazione delle messe alla presenza dei fedeli. Dirette delle Messe online, quali accorgimenti adottare? Come coinvolgere le comunità? Quali messaggi veicolare? Che cosa ci può dire il Vangelo in questo tempo di Quaresima di forzato digiuno eucaristico?
Celebrare in diretta TV o in streaming
Le istruzioni dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI – scarica il pdf
Ci è dato da vivere un tempo di prova, un tempo in cui ci troviamo ad essere fisicamente divisi dai fedeli per evitare il diffondersi di un virus che non fa distinguo, neanche di fronte al sacro.
Sappiamo con quanta generosità, nel rispetto delle norme sanitarie, sacerdoti, religiosi e religiose, diaconi, cercano di essere vicini alle persone nel bisogno, esprimendo nelle forme più creative una vicinanza apostolica che si avverte ancor più necessaria. Esortiamo a non far venir meno mai la prudenza, perché la trasmissione del Covid-19 avviene per contatto e, se non si rispettano scrupolosamente le regole base di attenzione, il rischio è di trasformarsi in presenze dannose soprattutto per i malati anziani o con gravi patologie. Tuttavia, la tecnologia ci viene in aiuto e ci è possibile raggiungere molti, se non tutti, attraverso i vari canali media che vanno da quelli classici come radio e tv, ai social (Facebook, Whatsapp, Youtube, Twitter, Instagram, TikTok…). Non bisogna mai dimenticare, però, che l’Eucaristia è un grande dono, il più prezioso, e di esso e della sua celebrazione è doveroso prenderci cura. I suggerimenti che seguono nascono proprio da questa esigenza.
Indicazioni pratiche
- La celebrazione eucaristica va svolta in un luogo sacro, ponendo la doverosa attenzione alla cura e al corretto svolgimento delle diverse sequenze rituali. Non è rispettoso del Mistero celebrato, mai e neanche in situazioni come questa, soprattutto per trasmissioni in tv e mediante i social, affidarsi a celebrazioni improvvisate in qualunque luogo (fuori dall’aula liturgica) e poco curate.
- La preparazione dell’omelia e della preghiera universale, insieme alla Parola proclamata, commentata e ascoltata, può suscitare e favorire la preghiera comune e la condivisione.
- È opportuno proclamare la Parola di Dio in modo non rapido ma lento e meditato, dando lo spazio opportuno e necessario ai silenzi che non devono essere troppo lunghi, ma neppure insignificanti.
- Tutte le forme rituali, verbali e non verbali, chiedono preparazione e dignità nello svolgimento: dalla proclamazione dei testi e delle preghiere al silenzio, dalla dignità degli spazi liturgici alle vesti, dalla pertinenza dei canti all’uso dei diversi ed appropriati luoghi liturgici (la sede, per i riti d’introduzione e di congedo; l’ambone, e non leggii improvvisati, per la liturgia della Parola, l’altare per la celebrazione eucaristica).
- Le parole e i gesti del rito hanno un’eloquenza e un’efficacia per le quali le “forme” rituali sono capaci di “informare”, cioè dare “forma” cristiana alla vita. Perché la forma non è mai solo formalità, ma è insieme contenuto, nello specifico è parte dello stesso Mistero. Anche i fedeli devono essere formati ad una “presenza”, se pur mediata dai mezzi di comunicazione, che non escluda il coinvolgimento del corpo, attraverso quelle forme che la partecipazione fisica alla celebrazione domanda di esprimere e di vivere, come forma di consapevole, piena, attiva e fruttuosa partecipazione, mai separabile e separata da quella interiore e spirituale.
- Bisogna salvaguardare la trasmissione “in diretta” della celebrazione. Questo dovrebbe metterci in guardia da un proliferare di celebrazioni registrate. Resta valido l’invito a collegarsi “in diretta” e proprio questa contemporaneità vuole e può favorire la “partecipazione”, che è molto più di un semplice “seguire” la Messa, tanto meno “vedere” o “sentire” la Messa.
- Per quanto riguarda, invece, le misure di prevenzione, in caso di concelebrazione è consigliabile un numero davvero ridotto di ministri concelebranti (massimo 5) ed è necessario che essi mantengano sempre la disposta distanza di sicurezza e osservino la forma della comunione al calice per intinzione.
Alcune attenzioni di regia
- È opportuno ricostruire uno sguardo che sia assembleare, ricalcando, pertanto, la visuale ampia. L’inquadratura, essendo in genere una camera – in molti casi quella dello smartphone -, non riprenda costantemente un primo piano, ma si apra a un Campo Totale dove si veda altare, ambone, celebrante. In pratica, lo strumento sia posizionato in maniera tale da creare la dimensione assembleare per portare il fedele a una maggiore partecipazione.
- Ugualmente, è da curare l’audio dal punto di vista tecnico: se possibile, dovrebbe essere in presa diretta; questo, infatti, aiuterebbe a colmare il senso di distanza che necessariamente si crea.
- Un’altra attenzione va data alla cura in ordine al decoro della celebrazione liturgica. Ad esempio, si usino i libri liturgici (messale e lezionario) e non altri sussidi; l’altare e l’ambone siano ben illuminati; presso l’altare non manchino le candele; accanto all’ambone, nel prossimo tempo di Pasqua, sia collocato il cero pasquale (di cera) e ci siano anche composizioni floreali sempre sobrie e mai eccessive.
Breve glossario social
Accanto alle proposte sopra riportate, ci sentiamo di suggerire alcune scelte che rimandano al linguaggio dei social e che possono costituire il giusto approccio alle celebrazioni mediate dagli strumenti di comunicazione.
- Condivisione. Nei social il termine viene utilizzato per indicare la pratica di condividere contenuti testuali, immagini, video e audio e farli interagire tra loro e tra gli utenti. Ora il verbo “condividere” può incoraggiare una postura adatta alla celebrazione: corpo, preghiera, risposte assembleari, interiorità… Si assiste a una celebrazione e non a una chat! Questa condivisione, vale la pena ricordarlo, è “in attesa di una comunità eucaristica” che si dà con la partecipazione reale, corporea, alla vita sacramentale.
- Engagement. È il grado di coinvolgimento che un determinato contenuto suscita. Gli indicatori di engagement più visibili su Facebook sono i “Mi Piace”, i “Commenti” e le “Condivisioni”. Questa pratica social poco si sposa con la messa in onda della celebrazione eucaristica. Offre, però, la possibilità per una riflessione sul giusto atteggiamento del celebrante: non si ceda a virtuosismi inutili o alla ricerca del consenso. Si rifletta invece sull’importanza di portare prossimità, familiarità, e di rispondere a un’esigenza di comunità in un momento di sofferenza per tutti.
- Hashtag. La parola indica l’etichetta che viene associata ad un contenuto relativo ad un particolare argomento, settore, parola o evento. C’è un doppio registro, che il termine aiuta a focalizzare e su cui bisogna rivolgere l’attenzione: la celebrazione eucaristica e la comunità. Non sono assolutamente etichette social, bensì esigenze primarie che indicano un’appartenenza radicale e, allo stesso tempo, radicata nella fede. L’Eucaristia è un grande dono, il più prezioso, e di esso e della sua celebrazione è doveroso prendersi cura.
- Target. Sono le persone potenzialmente interessate a ciò che si vuole offrire e quindi si desidera intercettare. Rileggendo il termine in chiave ecclesiale, è la comunità che vive la dimensione relazionale. L’Eucaristia e la Parola sono il nutrimento necessario per avvicinarsi a quell’«oltre» dato dalla speranza cristiana. Il filo della fede – vale per ogni momento – è sempre annodato alla speranza e alla carità, che agisce in maniera silenziosa ma operosa.
Covid-19: nota del Viminale su accesso alle chiese e Settimana Santa
La Segreteria generale della Cei, Conferenza Episcopale Italiana, rappresentando la posizione della Chiesa e il disagio di molti fedeli che si sono visti limitare la possibilità di recarsi a pregare in Chiesa, a più riprese ha posto alcuni quesiti al Ministero dell’Interno italiano relativi in particolare alla possibilità di raggiungere le chiese, alle modalità di partecipazione alle celebrazioni della Settimana Santa e allo svolgimento dei matrimoni che siano in Comune o in chiesa. A questi interrogativi il Viminale ha risposto con una Nota, inviata alle Prefetture, la Direzione centrale degli Affari dei Culti del Ministero dell’Interno. Importante la premessa relativa alla natura delle misure disposte per il contenimento e la gestione della pandemia che – sottolinea il documento – “comportano la limitazione di diversi diritti costituzionali, primo fra tutti la libertà di movimento, e vanno a determinare importanti ricadute in una molteplicità di settore, dalla mobilità al lavoro, alle attività produttive, interessando anche l’esercizio delle attività di culto”. Le norme, dunque, si inquadrano nei provvedimenti anti contagio e non prevedono la chiusura delle chiese “salvo eventuale autonoma decisione dell’autorità ecclesiastica”.
Recarsi in Chiesa per pregare
Al quesito relativo alla possibilità per il fedele di uscire di casa, munito di autocertificazione, per recarsi a pregare in chiesa, la Nota indica che “è necessario che l’accesso alla chiesa avvenga solo in occasione di spostamenti determinati da comprovate esigenze lavorative, ovvero per situazione di necessità e che la chiesa sia situata lungo il percorso, di modo che, in caso di controllo da parte delle Forze di polizia, possa esibirsi la prescritta autocertificazione o rendere dichiarazione in ordine alla sussistenza di tali specifici motivi”.
Partecipazione alle celebrazioni della Settimana Santa
Il secondo quesito pone la necessità di sapere se, in occasione della Settimana Santa, per garantire un minimo di dignità alla celebrazione, accanto al celebrante possa essere assicurata la partecipazione di un diacono, di chi serve all’altare, oltre che di un lettore, un cantore, un organista ed, eventualmente, di due operatori per la trasmissione. Su questo punto, l’Autorità governativa ha ribadito l’obbligatorietà che siano rispettate le misure sanitarie, a partire dalla distanza fisica. Di fatto, quindi, quali disposizioni dare a queste persone per potersi muovere? Fermo restando che per i Riti della Settimana Santa, rileva la Nota, il numero dei partecipanti sarà limitato ai “celebranti, al diacono, al lettore, all’organista, al cantore e agli operatori per la trasmissione”, tutti costoro “avranno un giustificato motivo per recarsi dalla propria abitazione alla sede ove si svolge la celebrazione e, ove coinvolti in controlli o verifiche da parte delle Forze di polizia, attraverso l’esibizione dell’autocertificazione o con dichiarazione rilasciata in questo senso dagli organi accertatori, non incorreranno nella contestazione e nelle relative sanzioni correlate al mancato rispetto delle disposizioni in materia di contenimento dell’epidemia da Covid-19”. Il servizio liturgico, precisa ancora il Ministero dell’Interno, pur non essendo un lavoro, è assimilabile alle “comprovate esigenze lavorative”. Perciò “l’autocertificazione dovrà contenere il giorno e l’ora della celebrazione, oltre che l’indirizzo della chiesa ove la celebrazione si svolge”.
Matrimoni in Comune e in chiesa in tempi di pandemia
Il terzo quesito riguarda i matrimoni. La Segreteria generale della Cei chiede perché si permettano matrimoni in Comune e non in chiesa. I matrimoni in chiesa, spiega la Nota, “non sono vietati in sé”. E precisa dunque che “ove il rito si svolga alla sola presenza del celebrante, dei nubendi e dei testimoni – e siano rispettate le prescrizioni sulle distanze tra i partecipanti – esso non è da ritenersi tra le fattispecie inibite dall’emanazione delle norme in materia di contenimento dell’attuale diffusione epidemica di Covid-19”.