La cittadinanza digitale? La vediamo soprattutto nei servizi più basilari della pubblica amministrazione a vantaggio dei singoli cittadini. Imponendoci smartworking e didattica a distanza, ma non solo, la pandemia, secondo gli esperti, ha di fatto accelerato in pochi mesi i processi di digitalizzazione che si sarebbero potuti attendere in cinque o sei anni.
Non solo. L’adozione di Spid, carta d’identità elettronica, identità digitale – anche in virtù di operazioni come il cashback di Stato o l’obbligo per le partite Iva di adottare la fatturazione elettronica – stanno portando ad un cambio di passo nel nostro modo di concepire il rapporto con le istituzioni, la burocrazia, il fisco. Si passa dal modello di mille uffici diversi che comunicano tra loro attraverso l’invio di moduli cartacei ad un’unica identità digitale che dialoga in tempo reale, con dati sempre aggiornati. Lo stiamo sperimentando sempre di più anche nel campo della sanità con il fascicolo elettronico digitale. E il Green Pass europeo, che sta arrivando in queste ore nei cellulari e nelle app dei cittadini italiani vaccinati ci permetterà di viaggiare, partecipare a concerti o eventi pubblici proprio in virtù di quelle reti di dati a servizio dei cittadini.
Di fronte a tutto questo non ci si può dimenticare del tema del divario digitale. Chi non può accedere alla tecnologia rischia di diventare cittadino di “serie B”. Nessuno deve restare indietro: vanno moltiplicati gli sforzi di alfabetizzazione digitale.
Andrea Canton