Un’occasione o un problema? Tutt’ e due. Ma soprattutto un invito alla consapevolezza, che si acquisisce con la formazione. La comunicazione digitale – e i suoi strumenti, smartphone in testa – sta risvegliando anche nel mondo cattolico risorse e idee per affrontare le grandi opportunità e le formidabili sfide sotto gli occhi di tutti.
Alle proposte più originali e recenti si aggiunge ora #digitaletica, ideata da don Marco Sanavio, sacerdote padovano assai attivo nella media education, e Martina Pastorelli, promotrice in Italia delle attività di Catholic Voices. Che ci spiega questo nuovo servizio formativo.
Da quale domanda nasce il progetto #digitaletica?
Da una constatazione: siamo circondati da libri, manifesti, decaloghi che raccomandano di ‘abitare civilmente il Web’ ma questa sorta di galateo digitale sembra un edificio vuoto, riflesso del nichilismo culturale odierno che non va oltre il sentimentalismo effimero. Un edificio che crolla quando viene messo alla prova, tanto è vero che hate speech, fake news, cyberbullismo proliferano e il mondo digitale è diventato il luogo dove spesso si amplificano le peggiori tendenze umane. Questo accade, pensiamo, perché mancano le fondamenta su cui i nostri comportamenti digitali possano poggiarsi e trovare un significato profondo e non manipolabile in cui tutti si riconoscano. Di qui l’idea di ripartire dal bene come principio architettonico di questo edificio. E da un’ etica digitale che lo rimetta al centro.
L’idea di #digitaletica è basata su sei parole-chiave: perché questa scelta?
Per risvegliare la coscienza che una vera comunione sociale digitale si realizza partendo da alcune parole universali, dalla cui unità sintetica e profonda scaturisce il bene: persona, mistero, verità, libertà, relazione, amore. Sono parole oggi molto abusate, alle quali va ridato il senso autentico considerandole tra loro inseparabili: così, ad esempio, capirò che abuso di una persona se non rispetto l’inviolabilità del suo mistero (diffondendo online il privato più intimo), non la penso nella sua verità (divulgando fake news), non la amo come valore supremo (spargendo flamein rete), e quando non possiedo quella libertà che mi affranca dall’ esigenza del capriccio, per costruire una relazione empatica.
A chi è destinato il progetto?
È un progetto aperto a tutti visto che siamo chiamati tutti a migliorare la qualità etica della nostra onlife, ma con un’ attenzione particolare alla Chiesa. In quest’ ottica genitori, formatori, operatori pastorali sono target ideali.
Quale obiettivo cercate di conseguire?
Far capire che c’ è qualcosa che viene prima della netiquettee da cui non possiamo prescindere se vogliamo creare una svolta etica digitale. Proprio perché il Web siamo noi, #digitaletica porta a riflettere su dove noi ‘stiamo’ rispetto a queste parole, per autovalutare i nostri comportamenti digitali e orientarli verso il bene, che prende forma nell’ ordinarietà della nostra vita anche con un post o un tweet.
Come si articola la proposta formativa?
A cerchi concentrici, partendo dall’incontro interattivo di 90 minuti fino ad allargare al metodo di Catholic Voices e #neldialogo, che prevede più incontri per assimilare uno stile di confronto costruttivo a partire dalle differenze.
Rispetto ad altre iniziative anche recenti qual è la peculiarità di #digitaletica?
La volontà di andare in profondità: non basta dire ‘no all’ ostilità’ o ‘no alle bufale’, bisogna educare i cuori per ristabilire le basi di una nuova convivenza tra cittadini. A maggior ragione nella Rete, dove ‘l’altro’ spesso non si vede e dove il confronto tra mondi diversi è continuo e non mediato, c’ è ancora più bisogno di una personalità etica.
Lei ha condotto sinora le iniziative legate al metodo di Catholic Voices: che nesso con la nuova proposta?
#digitaletica è il laboratorio dedicato alla rete di #neldialogo, progetto per una comunicazione costruttiva di cui oggi c’ è grande bisogno. Entrambi si fondano sul metodo di Catholic Voices applicandolo più ampiamente: non sono iniziative ‘per’ cattolici ma ‘di’ cattolici, che vogliono fare qualcosa di tipicamente cristiano: collaborare per il bene comune. (Francesco Ognibene)