“Dal punto di vista pastorale e culturale Spei Satelles può essere un segno profetico ed è un unicum storico, posto nel cielo per rendere migliore e diversa la Terra, un segno che innesca dei processi, librandosi nello spazio, apre il tempo ritmandolo dalla sua orbita, segno di unità in un mondo lacerato dai conflitti, una realtà concreta che incarna un’idea, un modo per dire il tutto al di là delle sue parti”. Lo ha detto don Luca Peyron, del servizio per l’apostolato digitale della diocesi di Torino, intervenendo alla presentazione del progetto “Spei Satelles”, svoltasi a Roma presso la Sala Marconi. “Spei Satelles contiene una copia che nessuno leggerà di un libro, un nanobook perfettamente leggibile, ma che mai sarà letto”, ha fatto notare il sacerdote: “In questo si concreta la provocazione per la nostra intelligenza e sensibilità perché sappiamo che esiste, che è lì a dirci che un evento è accaduto, che delle parole di speranza sono state pronunciate, che dei gesti sono stati posti in essere. È una icona che comunica nella sua fisicità e capacità di senso, posta in modo inedito nello spazio”. “È profezia intergenerazionale perché ha messo insieme giovani ed adulti”, ha proseguito il relatore: “gli studenti del Politecnico di Torino che hanno fatto le notti per progettare e costruire il satellite, alcuni fuori sede che hanno rinunciato a tornare a casa, i giovani dell’Istituto Universitario Salesiano di Venezia che hanno realizzato il logo e parte del sito, lo hanno modificato mille volte con le nostre richieste, che fosse sera o mattina, sabati o domeniche, guidati gli uni e gli altri da adulti capaci ed innamorati non solo delle loro competenze, ma soprattutto dell’educazione e formazione di questi giovani. È un unicum perché ha fatto interagire istituzioni deputate a fare azioni tra loro molto diverse, che in passato solo tangenzialmente si sono incontrate, ma che in questa occasione specificatamente si sono cercate per uno scopo esclusivamente culturale ed umano”.
Foto: ASI