Dalla pagina di Avvenire-Lazio Sette di domenica 24 luglio 2022
Il mercato delle esperienze ludiche digitali cresce, ma non sempre gli adulti sono consapevoli dei rischi. Ecco come funziona il sistema di valutazione PEGI
Nel panorama dello spettacolo, dell’intrattenimento – e anche, perché no, dell’arte e della cultura – un fenomeno sempre più rilevante è quello dei videogiochi. Ormai da anni i principali titoli per Pc e consolle (Playstation, Xbox, Nintendo) costano e incassano molto più dei kolossal di Hollywood. L’industria videoludica ha creato migliaia di posti di lavoro, anche in Italia, genera fenomeni, mode, competizioni. Si tratta però di un fenomeno trasversale, che non va ridotto a semplice trastullo per giovani e giovanissimi. Le statistiche ci dicono che sono milioni gli adulti, soprattutto maschi e tra i 20 e i 50 anni, che giocano.
E proprio come non tutti i programmi televisivi e non tutti i film sono adatti ai bambini, così non tutti i videogiochi vanno bene per tutti. Per guidare consumatori e famiglie, da quasi vent’anni esiste un sistema di “etichettatura” europeo. Si chiama PEGI, ed è il Pan European Game Information – sistema paneuropeo di informazione sui giochi, «sostenuto con entusiasmo dalle istituzioni dell’Unione Europea».
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