Suor Maria Antonia Chinello, negli #incontriweca di primavera 2016, ci spiega come coltivare la dimensione della prossimità in rete, come dialogare, che cosa dire per testimoniare la nostra fede con i linguaggi del web.
Come essere prossimi anche in un ambiente digitale senza provocare diffidenza?
La prossimità dentro alla Rete è fondamentale per molta gente ed è ormai il tessuto della società. Per cui come diventare prossimi? Io penso inserendosi dentro i discorsi delle persone che conosciamo, se abbiamo gruppi a cui facciamo riferimento, è il fatto di parlare la stessa lingua della Rete, senza sposarne tutte le logiche. Capire che noi non possiamo fare grandi discorsi, omelie, o mettere post molto articolati. Dobbiamo arrivare con quelle che sono le dinamiche della Rete.
Penso a piccoli post che possiamo condividere e proporre, immagini, riflessioni, frasi, ma che partano davvero dalla realtà delle persone che incontriamo.
Perché io prima facevo riferimento all’icona dei discepoli di Emmaus, Papa Francesco nel 2013 quando era a Rio per la Giornata Mondiale della Gioventù ha parlato con i vescovi del Brasile e ha detto loro di rifarsi all’icona ai discepoli di Emmaus, e faceva una serie di domande: “Forse la Chiesa è troppo lontana, troppo fredda, troppo distante, troppo rigida nel parlare. Le persone sono andate, e noi come facciamo a riaccompagnare, a riportare a Gerusalemme?
Dobbiamo avere il coraggio di inserirci nella notte, di metterci nella strada”.
Senza creare diffidenza si tratta di avvicinarci, di farci compagni di viaggio. In fondo Gesù, sulla strada di Emmaus, con i discepoli ha chiesto loro: “Che cosa turba il vostro cuore?” Allora anche noi, ai nostri amici, o alle persone che incontriamo per caso, possiamo chiedere: “Che cosa turba il tuo cuore?”.
Possiamo fare un passo in più.
È quell’ascolto di cui parla il Papa, un ascolto mite, che parte dall’altro e dalla parola che dice, o non dice, l’altro.