Sono molte le esperienze formative guidate da Associazioni e Centri di ricerca, pensiamo a Weca e a Cremit nella comune prospettiva dell’educazione digitale, ma potremmo immaginare strategie comuni e prassi simili a quanto succede nelle scuole? La recente legge contro il cyberbullismo (Legge del 29 maggio 2017) prevede infatti la presenza di un referente responsabile della definizione di iniziative, proposte ma anche di interventi nel caso di esperienze negative. Insomma, un riferimento per gli insegnanti e per i ragazzi. La proposta è quella di creare una prassi simile in contesto parrocchiale.
Per farlo prendiamo spunto dal documento che dettaglia le prassi per la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo lanciato da FIDAE la federazione di Scuole Cattoliche primarie e secondarie, promossa dalla “Congregazione vaticana per l’Educazione Cattolica, la scuola e l’università” e riconosciuta dalla Conferenza Episcopale Italiana”.
Le prassi di riferimento sono documenti di natura normativa, predisposti da un ente nazionale di normazione (in Italia UNI) e diretti, secondo la normativa comunitaria da cui provengono, a completare le regole contenute nella legislazione statale. Si tratta quindi di documenti di grande importanza e di valore ufficiale, per la prima volta nella storia della normazione recepiti in ambito educativo. Tutte le strutture che ospitano utenti di minor età, pertanto, potranno da ora essere qualificate come “antibullismo” nella misura in cui applicheranno le regole contenute nella nuova Prassi.
La prassi di riferimento ha peraltro un contenuto snelle e flessibile, senza inutili adempimenti burocratici ed orientato allo schema internazionale PDCA proprio di tutti i modelli organizzativi (pianificazione delle strategie, realizzazione degli interventi pianificati, monitoraggio continuo, analisi dei dati e verifica del successo delle strategie adottate).
Nel rispetto di questo schema generale, la Prassi individua una serie di misure specifiche per il contrasto al bullismo ed al cyberbullismo che certamente anche la parrocchia può adottare, ovviamente tenendo conto del contenuto specifico delle proprie attività e della propria organizzazione. In particolare, importanti sono i punti della Prassi nei quali si prevedono modalità di intervento sistematiche, una “politica antibullismo”, un piano di lavoro (da aggiornare periodicamente) e la costituzione di una commissione permanente, oltre a un sistema sanzionatorio (vedremo meglio questi punti nell’elenco in chiusura).
Dotarsi di una “politica antibullismo” e cyberbullismo per una parrocchia è decisivo e garantirebbe una maggiore capacità di costruire un ambiente significativo per la crescita della comunità, assumendo responsabilità che non ricadono solo sulla scuola o sulla famiglia (nel solco del patto di corresponsabilità).
Definire un “piano antibullismo” e cyberbullismo implica l’adozione di una prospettiva di lungo periodo, oltre agli interventi che vanno a lavorare su situazioni problematiche, favorendo una maggiore attenzione agli episodi minori che si aggravano, spesso, se non vengono presi in carico sistematicamente.
Predisporre un “piano di vigilanza”, inoltre, consentirebbe di responsabilizzare tutti gli attori, garantendo tuttavia non solo il mero controllo, ma favorendo una maggiore attenzione da parte dei ragazzi stessi (in questo caso si suggerisce di adottare la logica della “pedagogia del contratto” di Meirieu per la quale il contratto sui media – cosa fare e cosa non fare – va stabilito insieme ai ragazzi e rispettato da tutti gli attori, anche dai adulti).
Dal punto di vista della responsabilità legale, inoltre, il rispetto della Prassi consente di dimostrare che il personale (laico e religioso, dipendente e volontario) che ha operato a contatto con i minori si è attenuto alle migliori prassi codificate anche in tema di vigilanza sui minori presenti all’interno della struttura, evitando così (o almeno riducendo in modo significativo) il rischio di rispondere, anche solo in sede risarcitoria, per “culpa in educando” o “culpa in vigilando”).
In conclusione, è bene riepilogare cosa può fare una parrocchia per attuare la Prassi?
Certamente possiamo indicare alcune azioni importanti:
- formare i propri educatori e operatori al tema del bullismo e cyberbullismo, con corsi, MOOC, altre iniziative formative e laboratori, garantendo le basi di conoscenza;
- costituire una commissione antibullismo e cyberbullismo, che prevede la convocazione di riunioni periodiche di progettazione, la valutazione delle iniziative e il rilancio delle attività, la creazione di momenti di studio e approfondimento, la partecipazione a bandi e progetti finanziati;
- lanciare progetti e iniziative di prevenzione che riguardino sia i ragazzi e i bambini, sia i genitori, garantendo momenti di discussione e materiali utili per l’educazione mediale;
- produrre strumenti e kit di lavoro da usare in maniera collegiale, in modo da non lasciare nulla all’improvvisazione, traducendo la politica antibullismo e cyberbullismo e favorendo la messa in pratica del piano definito;
- utilizzare strumenti di verifica interni, per capire quali iniziative sono state promosse dalla parrocchia, in che modo sono state comunicate, quali regole sono state predisposte e come (si pensa qui alla predisposizione di un contratto pedagogico sulla scorta del lavoro di Meirieu, come detto);
- predisporre un sistema di segnalazione di episodi e situazioni spiacevoli o potenzialmente rischiose;
- definire un sistema di accompagnamento qualora il contratto pedagogico venisse disatteso (una sorta di “sistema sanzionatorio” costruito in chiave educativa e non semplicemente punitiva).
Si tratta di indicazioni che, peraltro, sono in sintonia con le indicazioni appena formulate da OIEC (Ufficio Internazionale per l’Educazione Cattolica) al Congresso Mondiale svolto a New York dal 5 al 9 giugno 2019 e che ha invitato tutte le agenzie educative cattoliche nel mondo (comprese quindi parrocchie ed oratori) ad un sistema integrale di protezione dei minori dagli abusi, compresi gli abusi connessi a bullismo e cyberbullismo.
La strada è aperta e la sfida è grande, perché tocca il tema della cittadinanza attiva.
Testi: Alessandra Carenzio
Si ringrazia Fidae e Uni