Fake News. Per qualche osservatore si tratta di un fenomeno assolutamente nuovo, un “errore di sistema” di tecnologie molto giovani rispetto alla storia dell’umanità come quelle del web. Per altri, invece, le fake news non sono altro che lo stesso identico processo sperimentato a varie riprese nei secoli attraverso la propaganda, la disinformazione, l’ignoranza che soltanto trovano nuova linfa nei canali digitali.
Le fake news – secondo la stragrande maggioranza degli osservatori – hanno contribuito a “incattivire” il clima nella nostra società, reiterando stereotipi contro le minoranze e facendo leva sull’individualismo contro i valori del volontariato, della tolleranza, della coesione sociale.
Oggi però non vogliamo parlare di fake news in generale, ma di fake news in campo religioso. Che sì, esistono, vengono diffuse e colpiscono in tanti, con scandali, maldicenze, quando non vere e proprie agende politiche misteriose.
Anche in campo religioso, le fake news colpiscono soprattutto i più anziani e le persone dal bagaglio culturale meno esteso. Un articolo pubblicato su Science Advances a inizio 2019 spiega proprio come i primi a cadere vittima delle bufale – e diventare – grazie ai social network, a loro volta propagatori in buona fede di enormi falsità, siano gli over 65.
È importante metterci in guardia. Per farlo, vi suggeriamo sette semplici – ma non banali – accorgimenti.
1 – Non fidiamoci dei toni sensazionalistici
Siamo talmente bombardati da notizie, di ogni risma e sorta, che perché una notizia ci colpisca davvero deve essere qualcosa di assolutamente inusuale, che ci faccia, insomma, “sobbalzare sulla sedia”.
Le fake news spesso fanno leva su scandali giganteschi, complotti internazionali dai contorni indefiniti e minacciosi, presunte dichiarazioni di personaggi pubblici offensive oltre ogni misura.
Questo scatena spesso in noi, prima che il cervello, le emozioni di cuore e di pancia. Tutto ciò ci attiva e – come vorrebbero gli autori di queste bufale, ci spinge a condividerle, rendendo così virali queste finte notizie e mietendo altre vittime.
Eppure, se queste notizie sensazionali fossero vere, non aprirebbero i telegiornali? Non verrebbero riportate immediatamente da tutti i siti di informazione?
Se la notizia è troppo “grossa” per essere vera… ci sono buonissime probabilità che non sia vera per niente. Affiniamo l’istinto. Impariamo a contare fino a dieci prima di darla per buona e cerchiamola su altre testate. Se nessuno se ne parla, forse è una bufala.
2 – Impariamo a giudicare l’attendibilità delle fonti
In questo periodo tanti parlano male dei giornalisti e del giornalismo in generale. Eppure, in quest’epoca di sovrabbondanza informativa il ruolo dei giornalisti è più importante che mai: i giornalisti sono chiamati a selezionare le fonti e a riportarci ciò che accade nel mondo con parole comprensibili da parte di chiunque.
Nell’era analogica – parliamo di un secolo fa ma sono solo pochi anni a dire il vero – una notizia era sempre accompagnata dalla sua fonte. Leggevamo un articolo su un giornale, guardavamo un servizio al telegiornale. La notizia era assolutamente inseparabile per noi lettori e spettatori dal suo contenitore.
Oggi, invece, con le bacheche Facebook e le catene su Whatsapp veniamo a contatto con centinaia di notizie per via, possiamo dire, diretta e disintermediata, senza saperne quasi la fonte, se non in piccolo, da qualche parte.
Torniamo dunque alle vecchie e care abitudini di una volta, anche nel mondo digitale. Ancor prima di leggere il titolo della notizia, guardiamo da dove arriva. È una testata conosciuta? È un quotidiano famoso? È un settimanale diocesano? Oppure è un nome “tarocco”, un blog anonimo o, peggio ancora, il nome distorto di un giornale?
Capiamo da dove arriva la notizia, impariamo a conoscere le testate. Se una testata è fortemente ideologizzata o politicizzata, da una parte o dall’altra, che sia il caso di credervi sempre, senza verifica? Stiamoci attenti.
3 – Attento alle “mezze verità” e a chi le distorce
Non tutte le bufale nascono come bugie complete. Le bugie con le gambe più lunghe, quelle più pericolose infatti, contengono dentro di sé delle verità. Ma sono mezze verità, verità distorte, piegate alla logica del distorsore di turno.
A volte un piccolo fatto, dentro una serie di eventi più grandi, viene preso a sproposito e trasformato in uno scandalo gigantesco. Altre volte, invece, le parole di un personaggio pubblico – anche del Papa – vengono estrapolate dal loro contesto e vengono dati loro significati diversi, se non opposti, rispetto a quelli per cui erano stati pronunciati.
L’unico consiglio? Non fermarti mai di fronte a un singolo articolo o notizia, ma cerca – grazie al web – più versioni dello stesso fatto da parte di organi di informazioni che vedono la realtà – legittimamente – da diversi punti di vista. La sintesi che ne farai sarà la cosa che ti avvicinerà di più alla realtà.
Contestualizza poi queste “mezze verità”: è davvero scandaloso questo evento oppure è soltanto riportato in modo da apparire tale?
In caso, poi, di dichiarazioni estrapolate, cerca la dichiarazione completa. Il più delle volte, presunte “atrocità” verbali e retoriche non sono altro che mezzi scivoloni o vere e proprie incomprensioni in discorsi assai diversi.
4 – Domandati non solo se la notizia è vera, ma anche perché è stata condivisa!
Cosa contraddistingue un fatto da una notizia? Beh: un fatto è qualunque cosa sia avvenuta. Ad esempio, questa mattina ho fatto colazione in un determinato bar. Questo è un fatto. Se al mio posto vi fosse stato un divo di Hollywood, un ricercato dalle autorità internazionali o, meglio ancora, un alieno con le antenne verdi – stiamo scherzando, eh – un fatto apparentemente banale come quello di ordinare un cappuccino al banco diventerebbe una notizia.
Una notizia, insomma, è un fatto più importante degli altri, che merita di essere reso noto e raccontato perché le sue implicazioni sono importanti per la collettività e la sua crescita.
Ma di notizie ce ne sono a migliaia, ogni giorno, ovunque. Il ruolo primario del giornalismo, più che raccontare le notizie, è selezionarle, per far arrivare alle persone, così impegnate dal lavoro e dalla famiglia, ciò che davvero è importante per vivere nella nostra società.
I social media però hanno rovesciato questa logica. Non c’è più un redattore che sceglie per noi le notizie: le notizie sono libere di girare sulle bacheche social, a forza di “Mi piace” e “condivisioni”, e raggiungerci a prescindere dalla loro utilità per la nostra vita.
E c’è una logica dietro tutto questo. Se un nostro amico su Facebook è particolarmente innamorato di una squadra di calcio, condividerà molte notizie sulla sua squadra, ma non è detto che in quel momento – per noi o per la società – quelle particolari notizie siano così importanti.
Allo stesso modo, se un amico è particolarmente schierato politicamente, condividerà continuamente certi tipi di notizie, anch’esse schierate. Da fonti affidabili? Dovremo capirlo da soli.
È importante però tenere sempre bene a mente che se di fronte a noi, sui social, c’è una notizia, è perché qualcuno ha voluto mostrarla agli altri, sia esso un amico in carne ossa che una pagina qualsiasi, dietro cui agiscono delle persone in carne e ossa con delle motivazioni. Niente è per caso.
5 – “Ribalta” il tuo modo di scovare le notizie
Non lasciare che le notizie ti raggiungano: sii tu a scovarle. Invece che aspettare che sia qualche amico a condividere qualcosa sui social, visita spesso i siti delle testate più importanti e affidabili, dai grossi giornali nazionali fino ai media cattolici presenti sul territorio, come le testate diocesane o interdiocesane.
Sostienile, oggi più che mai: il loro lavoro è prezioso e insostituibile. Anche se l’informazione sembra tanta e ci viene presentata ovunque, è il caso si sostenere la buona informazione, anche quella più “tradizionale”. Perché non abbonarsi a un media cartaceo, un quotidiano o un settimanale cattolica? Oppure, molti media cattolici stanno proponendo abbonamenti digitali per vedere subito, su computer, tablet e smartphone, ciò che poi verrà pubblicato su carta. I costi sono molto contenuti, il valore, invece, è incommensurabile.
6 – Affidiamoci ai “debunker”, gli smontatori di bufale di professione
Non solo i quotidiani e le testate on-line. Esistono molti siti che si prendono la briga di verificare e di smontare pezzo per pezzo le principali catene e “Bufale” di giornata.
Tra le bufale ci sono notizie politiche, religiose, ma anche catene di Sant’Antonio e vere e proprie truffe che si aggirano sul web. Tra i principali debunker citiamo:
- Il blog di David Puente, davidpuente.it
- Butac, “Bufale un tanto al chilo” butac.it
- net www.bufale.net
Questi siti non solo ci aiutano a capire cosa sia verità e cosa menzogna, ma anche finte verità, disinformazione o propaganda.
7 – La fede cristiana non cambia
Diffidate molto dai toni sensazionalistici nel campo religioso. Vi ricordate, qualche mese fa, certi titoloni su “Cambia il Padre Nostro”, “Rivoluzione nel Padre Nostro”. Quello che veniva fatto passare da certi link sensazionalistici non è altro che un lentissimo e attento processo di revisione della traduzione di una Parola in virtù di una migliore comprensione delle fonti bibliche – da “non indurci” a “non abbandonarci alla tentazione”. Questo processo, che era iniziato negli anni ’80 è arrivato, solo negli ultimi mesi, alla fase di una revisione del messale per le celebrazioni delle nostre parrocchie. Nessuna rivoluzione, nessuno stravolgimento, ma un processo andato avanti tranquillamente, serenamente, per quasi quarant’anni. Tutto tranne che una notizia sconvolgente.
Ecco, questo è un piccolo esempio di notizia “ingigantita” fino a diventare quasi una bugia. E ce ne sono tante. Ricordiamolo però bene: le verità della fede cattolica non cambiano, non sono mai cambiate in venti secoli. Cambiano – lentamente – solo certi costumi e certe sensibilità.
Certo: vi sono delle piccole rivoluzioni, come l’energia e la grandezza di San Giovanni Paolo II, la profondità e la saggezza di Benedetto XVI, la rivoluzione della misericordia di Papa Francesco che stiamo vivendo, ma tutto è in costante e intima continuità.
Diffidiamo, dunque, da chi usa toni troppo urlati e sensazionalistici…
Testi: Andrea Canton