Sono ormai quasi due miliardi e mezzo le persone nel mondo in possesso di un account Facebook. Di queste, ben un miliardo e 620 milioni – dati di settembre 2019 – si collega almeno una volta al giorno al social di Zuckerberg. Oltre ai profili personali, vi sono milioni, poi, di pagine Facebook legate a brand, istituzioni, cause e personaggi più o meno famosi. Chiunque ne può aprire una.
Un impianto decisamente colossale. Ma chi paga?
Paga la pubblicità.
Il meccanismo è questo: voi vi esponete ogni giorno ai contenuti di Facebook – pubblicità compresa – ma soprattutto fornite a Facebook, senza volerlo, una serie di dati su voi stessi, sulle vostre preferenze, sulla vostra posizione geografica, stato familiare, consumi e ricerche sul web. Chi investe in pubblicità su Facebook può così “profilarvi” e raggiungervi in modo puntuale se siete il suo “target”.
Su Facebook, infatti, ci sono due grandi insiemi di contenuti che vedete.
Ci sono i contenuti organici, ovvero i post degli amici, delle pagine che seguiamo, dei gruppi in cui siamo inseriti e i contenuti “a pagamento”, all’apparenza post come tutti gli altri ma che in realtà ci arrivano direttamente dagli investitori che hanno pagato per farci vedere quel messaggio.
Pensate un attimo alle pubblicità che trovate in rete: a volte sbagliano clamorosamente, ma il più delle volte vi trovate a visualizzare prodotti o servizi vicini ai vostri gusti. Se siete grandi appassionati di calcio vi capiterà di imbattervi in pubblicità di scommesse o pay tv, se invece siete mamme con bambini piccoli incorrerete in pubblicità di pannolini o di prodotti per neonati.
Sono questi inserzionisti – ben felici di investire in pubblicità così ben mirata – a pagare Facebook e ad averlo fatto diventare uno dei marchi più importanti del pianeta.
Ed è importante capire questo meccanismo, ben consci dei potenziali limiti etici che può rappresentare, pensiamo per l’appunto a pubblicità del gioco d’azzardo, alle fake news e alle campagne politiche che usano toni violenti.
Ma… c’è un ma…
Perché la pubblicità su Facebook – in inglese Facebook Ads – può rappresentare uno strumento straordinario per la comunicazione anche in campo ecclesiale, anche per realtà piccolissime.
Pensiamo un momento a quanti soldi vengono spesi ogni anno da una parrocchia di medie dimensioni per la stampa di bollettini e volantini. Ipotizzare di impiegare poche centinaia di euro – ma anche poche decine – in un anno per “aiutare” qualche notizia o evento importante ad entrare in migliaia di telefonini e computer, non è poi così assurdo.
Teniamo ben presente che purtroppo, ed è un dato di fatto, le visualizzazioni “organiche”, quelle gratuite, spesso non bastano più. Il modello di business di Facebook, con le correzioni degli ultimi anni, rende sempre più difficile per chi dispone di pagine, anche di successo, raggiungere le persone che hanno già cliccato “mi piace”. Se ho una pagina Facebook parrocchiale con mille fan difficilmente il bollettino che andrò a pubblicare, se non sarà trainato da piogge di like e condivisioni, raggiungerà tutti e mille i componenti del mio pubblico.
Con una piccola inserzione possiamo dunque colmare la differenza.
Come si fa concretamente?
Visita la pagina www.facebook.com/adsmanager per accedere al tuo account pubblicitario. L’account pubblicitario è legato al profilo personale di un singolo utente, che dovrà essere anche amministratore o editor della pagina che dovrà essere promossa. Complicato? Non molto, in realtà.
Account fisico, con nome e cognome, dispone di un account pubblicitario, a cui andrà collegato un mezzo di pagamento come una carta di credito. L’account pubblicitario, che può essere intestato anche a un’azienda, una parrocchia, un’associazione, è quello che concretamente “compra” la pubblicità. Come si fa? Diamo un’occhiata veloce.
Una volta entrati potrete subito, cliccando sul tasto verde “crea”, scegliere l’obiettivo della vostra prima campagna. Potete scegliere se generare traffico sul vostro sito web, come la presentazione della scuola materna, far interagire gli utenti con un post o aumentare i like sulla vostra pagina Facebook. L’obiettivo più utilizzato è senza ombra di dubbio l’interazione: seguiamo ciò che succede.
Una volta cliccato su interazione e dato il nome alla nostra prima campagna, ci saranno chiesti alcuni dati. Poi, andremo a selezionare il pubblico che visualizzerà la nostra inserzione. Potremo scegliere l’età, il sesso, il titolo di studio, i gusti, le preferenze – ce ne sono di tutti i tipi – ma soprattutto il luogo dove le persone vivono o viaggiano. Ed è questo senza ombra di dubbio, il dato più importante. Se siamo utenti un po’ più esperti, potremmo generare dei pubblici sulla base di chi visita il nostro sito o a partire da un indirizzario di mail a nostra disposizione.
Andremo poi a scegliere dove il post sarà visto come Facebook, Instagram o l’Audience Network, cioè su altri siti che installeranno spazi pubblicitari per conto di Facebook. Infine, sceglieremo quanti soldi investire, conoscendo in anticipo i risultati giornalieri stimati. Un consiglio: scegliete sempre, per pagamento, la voce “budget totale”, per tenere sempre d’occhio i nostri consumi. Con “budget giornaliero” rischiamo di non aver chiara la situazione. Scegliamo i giorni e anche l’ora in cui il post sarà visibile e proseguiamo su “inserzione”. Qui potremmo creare un nuovo post o scegliere di “spingere” un post già esistente nella nostra pagina. Dopo il controllo da parte dei dipendenti di Facebook, l’inserzione sarà attiva.
Tre consigli conclusivi:
- Partite piano, sperimentate anche con una decina di euro nel vostro territorio e vedete quanto la cosa funziona.
- Promuovete eventi a cui tenete particolarmente, raggiungendo anche persone un po’ fuori dalla vita parrocchiale.
- Siate trasparenti: la pubblicità su Facebook è un mezzo molto potente e va usato nel modo giusto. Non abusatene. Mostrate sempre il volto di una comunità accogliente e vicina, che anche con questi strumenti intende far sentire tutti i benvenuti.
Testi: Andrea Canton