Nel 1912 ci vollero alcuni giorni – per gran parte della popolazione dell’Occidente anche intere settimane – per venire a conoscenza del fatto storico che avrebbe contraddistinto quell’anno: il naufragio del Titanic.
I mass media, dalla radio alla televisione da una parte, le telecomunicazioni come fax e telefonate dall’altra, hanno poi ridotto di moltissimo l’intervallo temporale che un qualsiasi fatto o avvenimento impiega a diventare notizia. Nel 2001, per riportare agli attentati alle Torri Gemelle, forse uno degli eventi più impressionanti a cui ha assistito questa generazione, bastarono pochi minuti per far incollare milioni e milioni di spettatori a quella diretta televisiva.
Ma la nostra generazione ricorda anche molte altre dirette di tono ben diverso: la vittoria dell’Italia ai mondiali del 2006, il lancio da record di Felix Baumgartner da 38 chilometri d’altezza verso terra, l’elezione al soglio di Pietro da parte prima di papa Benedetto, poi di papa Francesco.
Seguire questi eventi in diretta fa davvero la differenza. Ci sentiamo più vicini alla storia mentre accade, ci ricorderemo più intensamente di quelle emozioni che abbiamo provato, siamo di norma più attenti e partecipativi. Pensateci un attimo a quando siete seduti sul divano di casa: quanta differenza c’è tra il seguire un programma sapendo che sta andando in onda in diretta e guardare qualcosa che si sa essere stato registrato settimane, forse mesi prima?
Il “bello” della diretta è anche questo, e molto di questo “bello” è inconscio: ci permette lo stesso messaggio più forte e meno scontato. Diretta in inglese si dice “live”, un avverbio che significa anche vita. “Dal vivo”. Questo perché abbiamo bisogno di sapere che nello schermo – seppur mediato da un segnale televisivo – abbiamo di fronte un essere umano vivo, in carne e ossa, e non la registrazione di ciò che quell’essere umano diceva e pensava anche poche ore prima.
Arriviamo a noi, alle nostre parrocchie, alle nostre associazioni, alla nostra attività nel campo dell’educazione e della pastorale… E ci arriviamo perché oggi, la diretta, è a misura di tutti. E questo grazie ai social.
Certo, molte delle nostre realtà hanno conosciuto – e spesso conoscono ancora – che cosa significa avere una radio parrocchiale, oppure poter partecipare ai programmi di una delle tante tv locali… Ma se le prime costavano un occhio della testa e erano accessibili soltanto a chi vi si connetteva in quel preciso momento, le seconde sono spesso gestite da altre persone, con altre logiche, diverse dalle nostre.
I social network oggi ci permettono di “andare in diretta” in formato audio e video avendo a disposizione anche solo un telefono cellulare. E l’unico costo che ci viene richiesto è quello della connessione.
Basta spalancare la fantasia: tutto può andare in diretta. Non solo conferenze, incontri culturali, concerti dei cori, ma anche celebrazioni o momenti di preghiera. Anche un breve saluto che arriva in diretta da un pellegrinaggio a Lourdes o da una Gmg può scaldare il cuore di centinaia di parrocchiani.
Vi fermo immediatamente, prima che possiate spaventarvi: solo perché uno strumento o una possibilità esiste ed è accessibile, non è detto che dobbiamo per forza utilizzarlo. Sarebbe un peccato però, per timidezza o per paura, non prenderlo nemmeno in considerazione.
1 – Può bastare un cellulare o conviene strutturarsi?
Ci sono fondamentalmente due modi per fare una diretta sui social. La prima è la più semplice. Prendete un cellulare, scaricate l’app del social nel quale volete fare la diretta (Facebook, Instagram o Twitter, anche se la più utilizzata resta Facebook), scrivete una brevissima introduzione, puntate verso il soggetto e premete l’avvio per andare in diretta. Se volete andare in diretta con una pagina Facebook (la pagina di una parrocchia o di un’associazione), scaricate l’utilissima app ufficiale “Gestore delle Pagine”.
Questa è l’opzione più immediata. C’è anche un’altra opzione, più complicata e più a misura di “professionisti” e smanettoni, con più camere, più microfoni e una regia in diretta proprio come in TV. Come si fa? Per Facebook bisogna andare da pc, premere “In diretta” e poi “Connetti”. Ci sarà una chiave cifrata e questa andrà utilizzata con un programma apposito – come OBS – dal computer al quale collegherete telecamere e microfoni. Complicato, vero? Non preoccupatevi.
Per l’attività normale di una parrocchia basta e avanza un semplice smartphone. Se però saliamo di livello – pensiamo alla celebrazione per l’ingresso di un nuovo vescovo in Cattedrale – forse conviene pensare al metodo più complicato ma “professionale”.
2 – Attrezzati: bastano pochi euro per risultati stupefacenti
Anche se non scegliamo la regia più complicata possiamo ottenere ottimi risultati. Se non abbiamo una mano ferma, perché non comprare un semplice treppiedino per smartphone, da posare magari sul tavolo dove parla il relatore o in un punto dove si abbia una buona inquadratura dell’altare per la messa? Questi treppiedi costano pochissimo e si trovano dappertutto.
Controlliamo poi le luci – mai andare in controluce – e che l’inquadratura sia quella giusta. E possiamo andare in diretta senza timori.
Dallo schermo del cellulare possiamo vedere i commenti che arrivano in diretta e rispondere anche in forma scritta. Al termine della diretta il video sarà messo a disposizione anche per la visione in differita.
3 – Attenzione all’audio: è importante che si senta bene
C’è un’altra possibilità: di solito i microfoni interni degli smartphone più recenti hanno elevate perfomance. Se vogliamo però ridurre il rumore di fondo possiamo collegare al telefono – o al tablet – un qualsiasi microfonino con jack da “tre e mezzo” da computer. Se poi stiamo riprendendo un incontro in una sala dotata di microfoni, possiamo far uscire la linea audio con un cavetto e collegarci direttamente così. Il risultato sarà perfetto.
4 – Pensa a chi non può venire da te
C’è chi non partecipa alle attività parrocchiali perché non ha voglia o non ha tempo. Trovarsi un evento parrocchiale in diretta su Facebook può dar loro la voglia di vedere che succede: un piccolo seme, che potrà in futuro germogliare. Non dimentichiamoci però anche dei tantissimi che sono al centro dell’affetto e delle preghiere delle nostre parrocchie: gli anziani, i malati. Basta poco, un giovane con un cellulare in mano che riprenda un rosario o una celebrazione per far stare meglio, almeno per un po’, chi è ammalato.
Diamo questa possibilità: programmiamo in anticipo queste dirette, annunciandole per tempo e spargiamo la voce specie tra chi sappiamo saprà apprezzarle di più.
5 – Attento alla privacy
Stiamoci attenti: è vero che al termine di una diretta si può sempre scegliere di cancellare il video… Ma una diretta è, per definizione, una diretta. E ciò che è andato in onda potrà essere visto da tutti, almeno la prima volta. Dunque, assicuriamoci che chi riprenderemo sia a conoscenza del fatto che stiamo facendo una diretta e che ci dia l’autorizzazione a farlo. A maggior ragione, è giusto che lo sappia il relatore di un incontro o il celebrante di una messa. Non c’è cosa più antipatica – e scorretta dal punto di vista della legge – di filmare chi non sa di esserlo.
Attenzione: Youtube ci offre la possibilità di fare dirette solo per pubblici ristretti e controllati… Ma questa è un’altra storia.
6 – Social diversi per “dirette diverse”
Abbiamo visto che si può andare in diretta in tanti social diversi. Ma come scegliere?
Facebook è più adatto per un pubblico più largo, specie se abbiamo pagine e profili ben seguiti. Instagram è in continua crescita, specie tra i giovani, ma non ha ancora raggiunto gli stessi numeri di Facebook. Se però l’incontro è per i giovani, Instagram potrebbe essere la soluzione migliore. Youtube, infine, è meno “forte” per le dirette, ma decisamente il più adatto per essere cercati in un secondo momento.
7 – La diretta “premia”
Un video su Facebook andato in diretta sarà visto, anche dopo la messa in onda, da molte più persone rispetto allo stesso video caricato “offline”. Questo non solo perché Facebook – e gli altri social – danno un punteggio “maggiore” a questi contenuti, ma anche perché l’utente li preferisce. È importante sempre tenerlo a mente, con serenità, ma avendo a conoscenza tutte le opzioni.
Testo: Andrea Canton