L’apprendimento in presenza sta gradualmente tornando dopo una stagione di distanziamento forzato e globale, passando per un periodo di didattica ibrida. Oltre alla scuola, anche altre forme di educazione e comunicazione, come la catechesi e la pastorale, stanno riprendendo possesso dei consueti spazi fisici per svolgere gli incontri. La tecnologia che ci ha supportato durante la pandemia tuttavia è qui per restare, e lo sarà ancor di più in futuro.
Educatori e insegnanti negli ultimi due anni sono stati sottoposti a forti pressioni per apprendere nuove abilità, padroneggiare nuovi strumenti, adattare materiali e metodologie didattiche all’ambiente online. Tornare in classe dimenticandosi di tutto quanto è stato appreso sarebbe un peccato.
Il modello BYOD (Bring Your Own Device), che consiste nell’utilizzo dei dispositivi mobili degli studenti durante le attività didattiche, può essere ad esempio un supporto ottimale per la nuova aula digitale.
I dispositivi mobili infatti, e in particolare gli smartphone, hanno un enorme tasso di penetrazione che cresce ogni anno a livello globale. Portare uno smartphone (che oggigiorno quasi tutti ormai si portano dietro ovunque) è molto più comodo rispetto a un pc/tablet. Utilizzare questo strumento di uso quotidiano in modi più creativi potrebbe essere un impiego costruttivo.
Ci sono delle critiche a questo modello (insieme a problemi di sicurezza remota) le quali sostengono che esso rappresenterebbe un’ulteriore distrazione in classe. I detrattori affermano che usare i social media per inviare messaggi di testo potrebbe ostacolare la partecipazione attiva e le prestazioni degli studenti in classe.
Tuttavia, la modalità non è nuova ed è ampiamente utilizzata in ambito lavorativo e professionale.
Inoltre, l’uso dello smartphone in ambito formativo per attività di apprendimento ne ostacolerà naturalmente l’uso per attività distraenti.
Infine le attività che si possono eseguire gravitano più verso un approccio connettivista e un ambiente di apprendimento collaborativo che verso il consumo passivo.
Vediamo 5 esempi di cosa si può fare:
1) Usare i codici QR/QR codes
I codici QR offrono accesso istantaneo a materiali digitali come video, audio, informazioni di contatto di siti Web o qualsiasi breve testo. Le app per la lettura dei codici QR sono native in molti smartphone, o comunque gratuitamente scaricabili.
I codici QR possono anche accanto a domande proiettate su uno schermo, per consentire agli studenti di controllare autonomamente il proprio lavoro. Oppure essere collegati a siti web o clip di YouTube che forniscano approfondimenti.
Un uso divertente, che strizza l’occhio alla gamification, è quello della caccia al tesoro, dove ogni codice QR contiene un indizio o domanda per procedere nell’attività. Se la risposta è corretta, il codice QR associato condurrà a indicazioni su come raggiungere la domanda successiva.
2) Backchannel o commenti dal vivo
Si può stimolare l’interazione usando gruppi Whatsapp o Telegram dedicati o hashtag di Twitter. In questo modo si consente agli studenti di offrire i propri commenti e porre domande tramite un feed in tempo reale ma che non interrompe il flusso della lezione.
3) Creare brevi video
I video di 5-20 secondi rappresentano un ottimo modo per esercitare la creatività. I video possono essere di vario tipo: video con sottofondo musicale, interviste, recensioni o tutorial, proprio come questo… o quasi. Gli studenti possono creare insieme i video utilizzando i propri smartphone, o, in alternativa, il lavoro può essere suddiviso per ogni studente e l’educatore avrà il compito di mettere insieme in varo spezzoni.
4) Ascoltare e registrare audio
Con gli smartphone è possibile condividere messaggi audio, realizzare un podcast, registrare delle interviste in mobilità e condividerle con la comunità.
5) Usare App in classe
Molte App come Memrise Kahoot o Socrative rendono l’apprendimento immediatamente accessibile da smartphone e interattivo. Alcune applicazioni come Mentimeter sono utili anche per raccogliere feedback in diretta durante le lezioni e mostrare i dati raccolti in modo accessibile e organizzato.
Federico Gelsomini