C’è una famosa scena ne “La Vita è Bella” del premio Oscar Roberto Benigni. Il protagonista, che è un cameriere, deve servire di sera tardi un importante cliente. La cucina è chiusa, ma c’è già un piatto di pesce pronto e un bicchiere di vino bianco sul tavolo di un cliente che non ha fame. Il protagonista, a questo punto, interloquisce con l’ospite ponendogli varie proposte, enfatizzando positivamente ciò che ha già pronto e dando connotazioni negative – in questo caso la pesantezza – alle opzioni che non ha pronte, come il “fegato fritto intriso impanato” o il “baccalà imporchettato”. Il cliente, che fa la sua scelta, è in realtà guidato con destrezza verso un fine preciso: il piatto subito pronto e una lauta mancia in arrivo.
Quello che fa Guido, interpretato da Benigni, è predisporre “un’architettura delle scelte”, che non impedisce la libertà del cliente, ma la guida. È, insomma, quello che il premio Nobel Richard Thaler e Cass Sunstein hanno definito nel 2007 nel loro libro “Nudge. La spinta gentile”, come “paternalismo libertario”.
«Le persone dovrebbero essere libere di fare ciò che vogliono», spiegano gli autori, da qui il “libertario”, ma allo stesso tempo «è legittimo per gli architetti delle scelte», ovvero politici, educatori, amministratori, «cercare di influenzare il comportamento delle persone al fine di rendere la loro vita più lunga, sana e migliore».
Nel loro libro Thaler e Sunstein ci spiegano che l’essere umano non è quell’ “homo economicus” che fa sempre la scelta più razionale, ma è preda, come tutti noi, di logiche, fallacie e bias cognitivi. Chi comunica ne deve tenere conto, sia per l’efficacia della comunicazione che per il bene delle persone.
Nel tutorial di oggi proviamo ad applicare alcuni concetti di “paternalismo libertario” alla nostra comunicazione e alla nostra pastorale.
Il primo concetto è quello di “nudge”, che in italiano traduciamo come “pungolo”. Si tratta di ogni elemento dell’architettura delle scelte capace di influenzare il comportamento delle persone in un modo prevedibile, senza vietare nessuna opzione e senza incentivi economici di peso. Un pungolo, per una mensa scolastica, può essere quello di posizionare il cibo più sano negli scaffali più comodi in modo che sia più semplice da afferrare, senza per questo vietare le merendine. Esempio ormai iconico è quello della famosa mosca attaccata negli orinatoi pubblici degli aeroporti, stratagemma che sembra migliorare di molto l’igiene degli spazi. Il libro di Thaler e Sunstein è ricco di esempi nel campo del risparmio, della salute e delle politiche sociali.
Pensare ai pungoli ci costringe a metterci nei panni delle persone a cui ci rivolgiamo o per cui lavoriamo. E spesso ci obbliga a cambiare le nostre abitudini. I pungoli, ancora, si possono presentare sotto alcune forme che già conosciamo nelle nostre attività pastorali. Favorire la partecipazione ad un incontro “serio” attraverso la presenza di un rinfresco iniziale o finale può essere un pungolo, comprendere in un’unica iscrizione la partecipazione a due eventi, uno popolare e uno meno per favorire il secondo, è un pungolo, il cartellone in sacrestia che conta il numero di presenze dei chierichetti alle messe, anche feriali, per garantire con una gara la presenza di ministranti alle celebrazioni, è un pungolo che per alcune diocesi è ormai tradizione.
Altri tipi di pungoli e di architettura delle scelte riguardano il web: ad esempio, in occasione delle iscrizioni ad una gita o a un camposcuola, possiamo chiedere alle persone se vogliono essere iscritte alla newsletter parrocchiale, offrendo loro comunque la possibilità di dire di no.
Il pungolo forse più importante menzionato dal libro di Thaler e Sunstein è l’effetto default. Per default, infatti, intendiamo una scelta che venga fatta percepire come predefinita rispetto alle altre: pensiamo, ad esempio, al menù fisso alla festa del Santo Patrono, pur permettendo, a chi volesse, di fare una scelta alternativa. Possiamo però pensare alle date degli incontri di un gruppo, alle giornate per le benedizioni delle case, ai colloqui a scuola con i genitori. Sebbene ci piaccia avere la libertà, il più delle volte ci accorgiamo che prendere le decisioni costa fatica, per questo, grazie alla fiducia verso chi ci sta attorno, tendiamo a fidarci per l’opzione di default. Sempre in virtù dell’opzione default, anche chiedere un commento, una condivisione o un like al termine di un post sui social è dimostrato possa aumentare di molto l’engagement e il passaparola digitale.
Infine – rimandando alla lettura di “Nudge. La spinta gentile”, un principio importantissimo è quello che ci ricorda di mettere in conto l’errore. Siamo umani, dunque sbagliamo. Nella nostra comunicazione, dunque, è fondamentale essere chiari. Quando promuoviamo una serie di incontri, ricordiamo più volte le date e le modalità di partecipazione, anche con mail e messaggi sintetici. Sarà sempre utile. Per una comunicazione più umana, insomma, il paternalismo libertario ci sembra indicare una via più empatica, più misericordiosa potremmo dire, che si appassioni del bene dell’altro pur garantendogli sempre la più piena libertà.
Testi: Andrea Canton