Cringe. Avete presente quando vi trovate di fronte a una persona o a una situazione talmente imbarazzante e fuori contesto da farvi provare disagio? Ecco. Quello è il cringe.
Cringe è una parola che avrete sicuramente sentito, probabilmente dalla bocca di un giovane o nel contesto di un post sui social network. Questa parola, ormai di uso comune in tutto il mondo, è stata inserita nel 2021 dall’Accademia della Crusca nell’elenco delle parole nuove.
La linguista Licia Corbolante, nel suo blog Terminologia, ha definito “cringe” un anglicismo utile, perché nessuna parola italiana «comunica contemporaneamente l’imbarazzo per altri assieme al fremito e al disagio fisico». Cringe è un termine amatissimo dai giovani che interpretano così, con una vergogna che fa male, chi che tenta di dialogare con loro senza riuscirvi: un insegnante che racconta una barzelletta che non fa ridere, una mamma che si veste come la figlia adolescente o un papà che si fa male alla prima partita di calcetto con il figlio.
Cringe un termine davvero prezioso, soprattutto oggi, in un mondo in cui la comunicazione – e la comunicazione digitale – è sempre più importante nella realtà che viviamo. Ci sono nuovi canali di comunicazione e si sono imposti tanti nuovi linguaggi come le chat, le gif animate, le emoticon, i meme, la viralità dei contenuti condivisi dagli influencer. In questo enorme traffico gli incidenti sono all’ordine del giorno.
Ecco: il cringe nel digitale è quell’imbarazzo intenso, così forte da essere doloroso per chi vi assiste, suscitato da incidenti comunicativi che avvengono senza che chi li commette se ne renda conto. Sono cringe i giovanissimi, ignari del mondo che li circonda, che fanno figuracce sui social network e sono cringe anche adulti rispettabilissimi – magari anche con ruoli sociali affermati – che sugli stessi canali digitali sbagliano registro comunicativo con involontari effetti comici.
Il Cringe è all’ordine del giorno perché la comunicazione digitale, oggi, ha distrutto le cornici, le ritualità, le anticamere della comunicazione, rendendo tutti i contenuti – articoli, chat, post sui social, video e podcast audio – a disposizione con un unico clic. C’è chi l’ha chiamata la morte del contesto. È l’effetto – cringe appunto – che avviene quando scorrendo la bacheca di Facebook troviamo un post o un link serissimo, persino drammatico, seguito subito da una dichiarazione sguaiata o da un’immagine comica. Come farlo capire? Ecco. Immaginate il ragazzino che vorrebbe essere considerato grande che gioca nella piazzetta con gli amici, e immaginate il suo imbarazzo quando, mentre è insieme ai suoi coetanei, arriva la mamma a portargli la merendina chiamandolo con dei vezzeggiativi. Ecco: questa è la morte del contesto.
È per questo che anche in ambito cattolico alcuni contenuti – sacrosanti e inattaccabili – rischiano di diventare “cringe”. Certi santini che diventano “gif” animate, certi “amen” come risposta universale a tutti i post dei social, ma anche certe omelie pubblicate senza introduzioni, senza filtri, senza mediazioni in un contesto feroce come quello dei social. Ecco, questo è “cringe”.
Due pensieri con cui lasciarci. Il primo: “I giovani sono i giovani i filtri anti-cringe per eccellenza. Facciamoci aiutare da loro”.
Sono i giovani infatti, nativi della cultura digitale, i più adatti a percepire quali sono i messaggi che suscitano imbarazzo: può essere una parola troppo entusiastica o un carattere di stampa troppo infantile nel volantino parrocchiale, può essere l’immagine di auguri troppo “da boomer” o al contrario troppo fintamente giovanile negli auguri per Pasqua o per Natale nella chat del gruppo giovani. Chi opera nella comunicazione, in ambito cattolico ed educativo, non sempre può maturare tutte le conoscenze e le chiavi di lettura dei giovani. Ma può sempre farsi accompagnare da loro: chiedere un parere, confrontarsi, farsi consigliare dai giovani è certamente una buona abitudine.
Il secondo pensiero si può riassumere così: “Il giusto contesto per il giusto messaggio. Curiamo le cornici, senza fretta”. Come abbiamo già detto, il mondo comunicativo oggi è spietato. E contenuti religiosi, preziosi e necessari, rischiano di non essere efficaci, anzi, di essere addirittura controproducenti, se slegati dai giusti contesti e dalle giuste introduzioni. Pensiamo alla differenza, durante la pandemia, tra il conforto e il raccoglimento reso possibile dalle messe in streaming e dall’involontario effetto comico delle clip ritagliate dalle messe con errori di pronuncia o incespicamenti. Come nella liturgia ci sono gesti, attese e modalità con cui si arriva alla lettura della Parola di Dio e all’Eucarestia, così è importante costruire copertine, cornici, introduzioni e agganci accattivanti che permettano, sul web, di arrivare al cuore del messaggio senza “incidenti comunicativi” che allontanino quelli che chiamiamo “distanti”, e che invece con il web possiamo raggiungere.
Testi: Andrea Canton