1976. Con una sentenza che cambierà la storia dei media in Italia, la Corte Costituzionale dice che sì, chiunque – con i giusti permessi – può trasmettere via etere segnali radio. Il movimento delle radio libere, allora pirata e di fatto illegali, uscirono dalla clandestinità e fecero sentire la loro voce.
In poche settimane spuntarono funghi radio di associazioni, di sindacati, di movimenti, ma anche radio commerciali destinate a diventare i colossi mediatici di oggi. In questa corsa all’FM presero parte poi non solo le Diocesi o le grandi famiglie religiose, ma anche le parrocchie. Chi con mezzi artigianali, coprendo con le loro frequenze poco più del vicinato, chi invece trasformando la propria radio in una radio generalista e di comunità. E c’è chi poi, con una radio parrocchiale – è il caso di Radio Maria – si è espanso in tutta Italia e in tutto il mondo.
Questo bisogno spasmodico di comunicare, di far sentire la propria voce, ha poi negli anni trovato altri sbocchi, specialmente grazie al web. Ricordiamo, soprattutto nei mesi della pandemia, la funzione che hanno avuto sul web le dirette di preghiere, incontri formativi e funzioni liturgiche.
Oggi le radio parrocchiali sono molte di meno, anche se ne continuano a nascere, sia con le normali frequenze via etere sia attraverso lo streaming.
Ma una radio parrocchiale – tradizionale o webradio – richiede comunque un impegno, un know-how e un dispendio di risorse che possono risultare sovradimensionate rispetto ai risultati sperati. “Perché impegnarsi tanto se nessuno ci ascolterà, tra le mille voci con cui oggi si compete?”, potrebbe domandarsi qualcuno. Ma c’è una soluzione intermedia, decisamente più sostenibile, semplice da intraprendere, con una modalità che sta vivendo una rinnovata giovinezza.
È il podcast, la diffusione di programmi audio attraverso il web, a cui abbiamo già dedicato alcuni tutorial.
Il podcast – una definizione coniata nel 2004 quando allora la faceva da padrone l’iPod della Apple – grazie a tutti i nostri dispositivi sempre connessi non si scarica più, ma si trasmette in streaming con facilità da mille piattaforme, dallo smartphone fino agli assistenti vocali sul comodino.
Quei motivi che spingevano le parrocchie negli anni ’70 a investire grosse somme sulle radio, motivi quali raggiungere meglio i parrocchiani, parlare ai distanti, darsi dei luoghi dove discutere, approfondire, informare, oggi possono benissimo orientarci verso la creazione di un podcast, sia come attività di comunicazione da parte di un nocciolo duro di volontari impegnati, sia come laboratorio di pastorale che vuole coinvolgere in particolare gruppi specifici come anziani, donne, giovani.
Alla Gmg di Lisbona, nell’estate 2023, WeCa ha incontrato alcuni giovani di Cuneo, che raccontavano le loro esperienze parrocchiali estive in un podcast sul sito bar-abba.it della diocesi di Mondovì.
In questo modo coinvolgevano la comunità nel loro viaggio mentre, grazie all’aiuto di educatori e parroci, verbalizzavano valori e insegnamenti di quei giorni così preziosi.
Il formato del podcast, poi, è perfetto per trasformare eventi, incontri e approfondimenti che si svolgono in presenza in un contenuto sempre valido da ascoltare. Il caso dei podcast di Alessandro Barbero che abbiamo già citato lo dimostra: se il contenuto è buono, basta una registrazione appena udibile fatta con un cellulare ad una conferenza per arrivare primi nella classifica dei podcast più ascoltati.
Tante diocesi, istituti teologici e parrocchie hanno messo su Youtube e su portali di podcast solo audio come iTunes, Spreaker e Spotify centinaia di ore di lezioni, approfondimenti, omelie e conferenze. Un impegno ulteriore potrebbe essere quello di valorizzare meglio questo tesoro di conoscenza, promuovendolo sia tra i fedeli in presenza sia nei social media.
Infine, il formato podcast può aiutarci a trasmettere contenuti più passivi da lezione frontale in anticipo, che chiunque potrà ascoltare nelle modalità e nei momenti per lui più propizi e concentrare, negli incontri in presenza, attività più interattive e dialogiche. Tantissimi parroci diffondono il loro commento al Vangelo in questa modalità.
Se le parrocchie, soltanto pochi anni fa, installavano le antenne sui campanili solo per far sentire la propria voce a pochi isolati di distanza, ancora di più oggi, con i mezzi potenti e semplici che abbiamo a disposizione, siamo chiamati a sperimentare per arrivare davvero a tutti.
Testi: Andrea Canton